Squilibri molecolari cerebrali nella sindrome di Down
GIOVANNI ROSSI
NOTE E NOTIZIE - Anno XIX – 30 aprile 2022.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia”
(BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi
rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente
lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di
pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei
soci componenti lo staff dei
recensori della Commissione Scientifica
della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Il medico
britannico John Langdon Down, seguendo le osservazioni dello psichiatra
francese Jean-Étienne Dominique Esquirol (1838) e dell’internista Édouard
Séguin (1844) fornì nel 1866 la prima descrizione clinica completa e dettagliata
della più frequente sindrome citogenetica, detta Trisomia 21 dopo la
scoperta della causa cromosomica nel 1959, o sindrome di Down, con la
denominazione eponima.
Questa
sindrome citogenetica è la causa maggiore di difetti congeniti e tra le
principali di deficit intellettivo. Accanto ai tratti dismorfici del viso con
epicanto, all’ipotonia, ai dermatoglifi anomali con solco scimmiesco del palmo
della mano, alla congenita brevità del collo associata a maggior rischio di URI
(upper respiratory infections), alle cardioangiopatie congenite, alla
predisposizione a malattie ematologiche, gli affetti dalla sindrome presentano
rilevanti deficit cognitivi e una probabilità elevata di sviluppare malattia di
Alzheimer ad esordio precoce[1].
Ogni anno
in tutto il mondo nascono all’incirca 100.000 bambini affetti da trisomia G,
ossia dalla presenza di tre corpi cromosomici nelle coppie 21-22 di fatto fra
loro indistinguibili e identificate nelle mappe citogenetiche dalla lettera “G”,
per una stima epidemiologica di un caso ogni 1.000 nati, 7% dei quali presenta
autismo, che in questi casi non è mai caratterizzato da potenzialità della memoria
a breve e lungo termine superiore alla norma come accade in una frazione di bambini
affetti da disturbi dello spettro dell’autismo. Infatti, l’ippocampo in
questa sindrome citogenetica è di dimensioni minori della norma e tale
difetto volumetrico si associa a scadente memoria spaziale e difficoltà nel
convertire la memoria a breve termine in memoria a lungo termine.
Nonostante
gli elementi fenotipici costanti e le caratteristiche cliniche espresse in uno
spettro definito di variazioni, la presentazione clinica della sindrome di Down
è complessa e variabile, soprattutto per ciò che concerne il profilo dei
deficit cognitivi e delle alterazioni psichiche, per questa ragione Alejandra Rodriguez-Ortiz
e colleghi hanno analizzato e comparato le perturbazioni del trascrittoma in diverse
aree del cervello di individui affetti da trisomia 21, confrontandoli con gli
equivalenti del cervello di controlli euploidi, come nuovo approccio
finalizzato a vagliare la tesi di una globale alterazione sistemica
differenziale dell’espressione genica al di là di quella del cromosoma 21.
L’ipotesi
ha trovato conferma e lo studio ha rilevato e accertato aspetti interessanti
dello squilibrio della rete di proteine necessarie ai processi cognitivi e di
neuroplasticità.
(Rodriguez-Ortiz A., et al. Integrated
Quantitative Neuro-Transcriptome Analysis of Several Brain Areas in Human
Trisomy 21. Genes (Basel)
– 13 (4):
628, 2022).
La provenienza
degli autori è la seguente: Laboratory of Molecular
Biology and Pathogenesis, Department of Physiological Sciences, School of Basic
Sciences, Faculty of Health, University of Valle, Cali (Colombia); Health and
Movement Research Group, Faculty of Health, University Santiago de Cali, Cali (Colombia);
Faculty of Education and Sports Sciences, Escuela Nacional del Deporte, Cali
(Colombia).
La
trisomia 21, detta in passato mongolismo per l’aspetto morfologico del viso, in
clinica pediatrica, in base a studi epidemiologici italiani, è stimata più
frequente della media internazionale citata prima, con un caso ogni 650-700 nascite,
anche se nuove valutazioni ancora in corso stanno rivedendo questa stima. In
genere si tratta di trisomia autosomica 21, ma nel 4-5% dei casi il numero dei
cromosomi è normale e la sindrome è dovuta alla presenza di materiale del cromosoma
21 soprannumerario traslocato su altri autosomi. A volte la traslocazione
avviene all’interno dello stesso gruppo G (traslocazione G/G) ma più spesso
avviene sul gruppo D (traslocazione D/G). È importante stabilire se si tratta
di una trisomia 21 propriamente detta o di una traslocazione, perché nel primo
caso la probabilità che nasca un altro figlio Down è pari a quella che ha ogni
madre di pari età della popolazione generale, mentre nel caso della
traslocazione la probabilità è molto elevata, perché il difetto è trasmesso da
uno dei due genitori che presenta un cariotipo 45 + D/G o G/G.
Anche se
di recente il peso dell’età della madre quale causa della trisomia 21 è stato
un po’ ridimensionato, rimane la crescita percentuale delle probabilità già
dopo i 25 anni, inizialmente minima ma con un brusco innalzamento dopo i 40
anni. Nei Down, in quasi tutte le statistiche, prevale di poco il sesso
maschile. L’aspetto dei bambini è così caratteristico che la diagnosi viene
posta a prima vista e lo studio citogenetico della mappa cromosomica è disposto
solo per accertare tipo e dettagli. La facies è inespressiva, tipicamente
orientaleggiante, con le rime palpebrali oblique verso l’alto e la presenza di
epicanto; costante l’ipertelorismo. La lingua spesso protrude tra i denti ma non
per macroglossia. I lobi auricolari sono spesso malformati e hanno impianto più
basso che di norma, il collo è corto e, sebbene non sia proprio conformato a
tenda come nella sindrome di Turner (X0), spesso ricorda un po’ quella
morfologia.
L’esame
delle mani rivela soprattutto i dermatoglifi anomali del palmo: invece dei due
solchi, uno che parte dal lato del mignolo e si dirige verso l’interno e un po’
verso l’alto e l’altro che parte dal lato dell’indice e si dirige verso il basso,
nella trisomia 21 si ha un unico solco orizzontale, patognomonico della
sindrome e detto “solco scimmiesco”. Le mani sono anche tozze con brevità delle
dita, più evidente per pollice e mignolo, il quale presenta spesso una falange
deviata verso l’interno, che caratterizza il tipico segno della clinodattilia.
Anche le estremità inferiori presentano un simile dismorfismo, risultando tozze,
con piedi più brevi e larghi della norma. La cute è lassa e sottile e,
pertanto, appare spesso come marmorizzata. La caratteristica ipotonia muscolare
si rende evidente all’esame obiettivo che, nei più grandi, rileva frequentemente
la presenza di un’ernia ombelicale.
Nella
trisomia 21 è quasi sempre presente una cardiopatia congenita. In vasti campioni
italiani il difetto dei cuscinetti endocardici costituisce la malformazione di
gran lunga più frequente. Sono descritti difetti semplici del setto
interatriale o interventricolare o anche un canale comune atrioventricolare. Si
ha poi una maggiore incidenza di patologia ematologica (leucemia mieloide
cronica, ecc.).
Le tappe
dello sviluppo psiconeuromotorio presentano un notevole ritardo e ben presto si
evidenzia un deficit cognitivo rilevante; tuttavia, gli approcci più recenti di
diagnostica assistita da computer hanno rivelato un livello prestazionale medio
molto più elevato di quello definito dai test di intelligenza e dalle misure di
QI ottenute con metodi vecchi di un secolo e, per la verità, sempre criticati e
screditati dalle scuole mediche e neuroscientifiche italiane.
Eccetto
una minoranza che presenta tratti aggressivi e antisociali, la stragrande
maggioranza dei bambini Down, pur con un difetto di sviluppo della personalità,
della coscienza e dell’intelligenza, presenta un buon carattere, con tendenza
alla mansuetudine e alla docilità, qualità che facilitano il lavoro di promozione
di abilità, che li aiuta spesso a ottenere un certo grado di istruzione
scolastica e acquisire abilità che consentano loro, da grandi, di svolgere un
lavoro remunerato.
È ancora
oggetto di studio il rapporto tra il cromosoma o il frammento traslocato di
cromosoma soprannumerario e le manifestazioni fenotipiche della sindrome di Down,
ma numerose nozioni sono acquisite da tempo: 88% dei cromosomi soprannumerari
sono di origine materna, il 9% di origine paterna e il 3% si genera alla mitosi
dopo la fecondazione[2]. Oggi è noto che una parte considerevole del fenotipo
della sindrome di Down risulta dalla duplicazione di una regione 2-Mb del
segmento 21q22.2 che contiene da 50 a 70 geni ed è chiamata regione critica
di Down.
L’esame
di 27 trascritti che coprono l’80% di questa regione rivela vari geni di
potenziale interesse per il deficit cognitivo: tra questi vi è un gene per due
canali del potassio (inwardly rectifying K+ channels, KCNJ6
detti anche Kir3.2 o GIRK2) espressi nel sistema nervoso centrale sia
embrionario sia adulto, poi il gene per un recettore del glutammato tipo
kainato, GMR5, che regola una forma di plasticità implicata nella
sindrome dell’X fragile, il SIM2 (single-minded gene 2) e il gene
Mnbk per una proteinchinasi a doppia funzione chiamata minibrain
chinase.
Gli
autori dello studio qui recensito, prendendo le mosse da una ipotesi già
suffragata da dati a supporto, ossia che la trisomia 21 causi una generale
alterazione dell’espressione genica che riguarda anche altri cromosomi, hanno analizzato
il profilo del trascrittoma nei neuroni di diverse regioni del cervello, sia in
persone euploidi sia in portatori della sindrome di Down.
Alejandra
Rodriguez-Ortiz e colleghi hanno così verificato nel confronto con le persone
non affette se differenze di espressione genica generalizzate possano essere
all’origine del difetto di sviluppo cerebrale e della sintomatologia neuropsichica
connessa. A questo scopo i ricercatori colombiani hanno impiegato i dati dell’esperimento
“DNA microarray ID GSE59630” precedentemente depositati nel GEO DataSet della banca
dati NCBI. L’esperimento conteneva i valori di 17.537 geni umani espressi in
varie e distinte aree del cervello; per ciascuno di questi geni i ricercatori
hanno calcolato l’espressione genetica differenziale o Z-ratio.
Rodriguez-Ortiz
e colleghi hanno rilevato numerose differenze nell’espressione dei geni nei
neuroni cerebrali, analizzando e comparando i trascrittomi degli affetti da
sindrome di Down, non solo per i geni localizzati sul cromosoma 21, ma per
numerosi geni di altri cromosomi, come avevano ipotizzato. L’analisi per aree
cerebrali – rapportate al cervello intero – ha evidenziato la massima differenza
trascrittomica tra trisomia 21 e controlli nell’ippocampo e nella corteccia
cerebrale.
L’insieme
dei dati e delle analisi compiute in questo studio, per il cui dettaglio si
rimanda alla lettura del testo interale del lavoro originale, supporta la tesi
di uno squilibrio sistemico dell’omeostasi delle proteine dell’encefalo,
ossia una perdita del bilanciamento della rete proteostasica necessaria
alla fisiologia della neuroplasticità e dei processi cognitivi. Questo
modello di perdita dell’equilibrio funzionale delle macchine molecolari essenziali
per la realizzazione attraverso le funzioni sinaptiche degli adattamenti
necessari alla memoria e all’apprendimento, e in particolare alla conversione
di tracce di esperienza in paradigmi di conoscenza, può costituire un nuovo
strumento esplicativo del neurofenotipo della sindrome di Down, che da tempo si
era visto non potersi spiegare riferendosi solo ai geni del cromosoma 21.
L’autore della nota ringrazia la dottoressa
Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE”
del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Giovanni Rossi
BM&L-30 aprile 2022
________________________________________________________________________________
La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International
Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di
Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale
94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] Negli affetti da sindrome di
Down è stata descritta da decenni la presenza di segni di degenerazione nei neuroni
cerebrali prima del completamento dello sviluppo post-natale; in epoca recente
sono stati identificati i meccanismi molecolari che collegano la patogenesi
neurodegenerativa alzheimeriana all’alterazione genetica.
[2] Numerosi studi hanno chiarito
che non è necessaria l’espressione dell’intera copia soprannumeraria di
cromosoma per aversi una sindrome di Down completamente espressa come fenotipo.